domenica 13 settembre 2009

12. I russi

Dopo la caduta di Costantinopoli (1453), Mosca è pronta a prenderne il posto e si candida come la Terza Roma. Già a partire dal gran principe Ivan III (1462-1505), i sovrani di Mosca assumono l’appellativo di Zar di tutte le Russie, ma è con Ivan IV il Terribile (1533-84) che il titolo è legittimare “per grazia divina” (DONNERT 1998: 75). Nel XVI secolo, la principale preoccupazione degli zar è quella di emanciparsi dal pesante condizionamento che devono subire da parte dei signori locali, i cosiddetti boiari, i quali esercitano un potere pressoché assoluto nei rispettivi territori. La politica di Ivan IV ha un duplice scopo: all’interno, quello di organizzare lo Stato in senso centralistico, creare un abbozzo di esercito regolare, sottomettere i boiari, che vengono fatti oggetto di una lotta feroce, sterminati e sostituiti da una classe nobiliare devota; all’esterno, lo scopo è quello di attuare una politica di espansione, che però viene frenata dalla sconfitta subita nella lunga guerra contro la Livonia (1558-83). Alla morte di Ivan, la Russia presenta un nuovo assetto, in cui spicca una piccola nobiltà, creata dal sangue e dalla violenza e schierata a favore dello zar, e una massa di contadini ridotti in schiavitù.
Nel 1598 il trono di Russia rimane vacante e si scatena un’aspra lotta per conquistarlo. I boiari approfittano del momento favorevole e si rifanno sotto, riuscendo a fare eleggere a zar uno di loro, Basilio Sjskij (1606-10), ma la loro eccessiva imposizione fiscale provoca diverse sollevazioni dei contadini e apre un nuovo periodo di disordini, di cui approfitta la Polonia, che occupa Mosca (1610-1). Adesso i pretendenti al trono di Mosca sono molti: non solo il re polacco Sigismondo III e alcune nobili famiglie locali, fra cui i Romanov, ma anche il re di Svezia Gustavo II, che propone il suo fratello minore Carlo Filippo, e il Kaiser di Germania, che propone il proprio fratello, l’arciduca Massimiliano. Tutti costoro aspirano al titolo di Zar, ma i Russi si dispongono a lottare per la propria indipendenza e, dopo aver cacciato lo straniero, alla fine riescono ad insediare sul trono Michele Romanov (1613), il fondatore dell’omonima dinastia, che avvia una fase di stabilità politica, da cui la Russia uscirà come la maggiore potenza dell’Europa orientale.
Attraverso una politica di concessioni territoriali a Svezia e Polonia, Michele III (1613-45) riesce a guadagnare la pace e lascia al figlio Alessio I (1645-76) un paese in condizioni modeste ma tranquille. Appoggiandosi ai ceti abbienti e ai commercianti ed emarginando la classe contadina (“servitù della gleba”), Alessio cerca di espandersi, ma è fermata dalla Svezia, e attua un programma di riforme interne, che, alla sua morte, rimane incompiuto. Spetterà al Pietro I (1682-1725) di portare a termine l’opera del padre e lo farà dopo un periodo interlocutorio, in cui si libera di avversari e viaggia in Occidente. Ritornato in patria (1698), impone alla sua gente usi e costumi all’occidentale, ma soprattutto si dota di una flotta e di un esercito organizzati alla maniera tedesca. Nel 1709 una sonora vittoria sulla Svezia offre alla Russia il controllo del Baltico e il ruolo di prima potenza del Nord (pace di Nystad, 1721). La politica di Pietro mira allo sviluppo dell’industria e del commercio, oltre che all’edificazione di un sistema sociale di tipo occidentale, che viene imposto dall’alto, anche se mancano le condizioni idonee a renderlo funzionante, e non ammette obiezioni, giungendo perfino a mettere a morte il figlio Alessio, colpevole di avversare le riforme.
Alla morte di Pietro e secondo la sua volontà, viene incoronata imperatrice la di lui moglie Caterina I (1725-27), che eredita una società ancora in gran parte di tipo feudale, costituita da una massa innumerevole di servi della gleba e da una ristretta élite di grandi proprietari terrieri, imprenditori e aristocratici. Le succede Pietro II (1727-30), figlio di Alessio, che è ancora bambino e morirà all’età di 15 anni di vaiolo. A questo punto, nel tentativo di indebolire il potere imperiale, l’élite aristocratica decide di elevare al trono una nipote di Pietro I, Anna Ivanovna (1730-40), che però, sorprendentemente, attua una politica forte e autocratica. Alla sua morte, la nobiltà russa ritorna sui suoi passi e mette sul trono una figlia di Pietro I, Elisabetta I (1741-61), sotto il cui regno la Russia continua a svolgere un ruolo di primo piano nella politica europea. Elisabetta sceglie come moglie dell’erede al trono, il granduca Pietro, una principessa tedesca, la quale, liberatasi del marito, diviene imperatrice col nome di Caterina II (1762-96). Come Pietro I, anche Caterina si disinteressa della sorte del popolo russo e s’impegna in una politica autocratica ed espansionistica, ma anche occidentalizzante, che conferma e rafforza la Russia nel ruolo di grande potenza.

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