sabato 12 settembre 2009

03.1. La cultura

Il Seicento è un grande secolo per la scienza. Prevale la concezione meccanicistica dell’universo, ossia l’idea che il cosmo sia costituito di materia e di parti in movimento, che possono essere esplorate coi sensi e comprese nella loro struttura e funzione. Tra i personaggi-simbolo di questo secolo va ricordato Cartesio (1596-1650), secondo il quale il mondo fisico può essere conosciuto dall’uomo in modo certo. La fiducia nelle capacità dell’uomo di pervenire ad una conoscenza certa dei fenomeni naturali dà il via ad una nuova cultura, che è favorevole al progresso scientifico. Adesso l’uomo vuole scoprire da sé le verità e rifiuta di accettare supinamente le fonti di sapere tradizionali: Aristotele, Tolomeo e Bibbia. La promozione dell’uomo non significa in alcun modo il superamento di Dio: di per sé il meccanicismo non si riduce necessariamente a materialismo, potendo anzi risultare funzionale all’idea di Dio. Infatti, essendo la materia di per sé inerte, ossia incapace di motu proprio, il fatto che gli astri si muovono presuppone, secondo Cartesio, l’esistenza di un Dio.
Il Seicento è un grande secolo anche per la religione, e la chiesa non è disposta ad accettare di mettere in primo piano la ragione individuale a discapito della Bibbia. Nel 1600 Giordano Bruno viene messo al rogo “colpevole di affermare che l’universo è infinitamente grande, che il Sole è soltanto una delle tantissime stelle esistenti, e che anche intorno alle altre stelle ruotano dei pianeti” (NEWTH 1998: 118). In questo clima di intimidazione, la produzione scientifica delle università rimane mediocre ed è sopravanzata da quella delle accademie. In Italia sorgono le accademie dei Lincei (1603) e del Cimento (1657), in Inghilterra la Royal Society (1660), in Francia l’Académie francaise (1629) e l’Académie Royale des Sciences (1666). Tutte contribuiscono a far crescere l’interesse e la fiducia nel sapere e nella scienza, anche da parte della pubblica opinione. Salvo poche eccezioni come Newton, che è comunque un isolato nel mondo universitario, i maggiori scienziati del secolo sono membri di accademie.
Galileo (1564-1642) crede nella conoscenza empirica e ritiene che tale conoscenza sia pari a quella divina, con l’unica differenza dell’estensione: Dio sa molte più cose di noi. Animato da questa fede, lo scienziato pisano si ingegna a costruire uno strumento in grado di potenziare la sua vista e consentirgli di scrutare i segreti dell’universo: il cannocchiale. Grazie a questo strumento, egli non solo conferma la teoria copernicana, ma scopre anche che la Via Lattea è un ammasso di stelle e che la Luna non è una sfera perfetta, come si era sempre creduto, sulla scia di Aristotele. La chiesa diffida Galileo a servirsi del cannocchiale, da essa considerato uno strumento perverso e ingannevole, e condanna il copernicanesimo (1616 e 1633), dichiarandolo contrario alla vera fede. La posizione ecclesiale è tale da frenare ovunque, e soprattutto in Italia, il progresso scientifico, ma nulla può per evitare che qualcuno continui a costruire cannocchiali sempre più potenti e i primi microscopi, che renderanno possibili nuove e più sorprendenti scoperte. A poco a poco diviene a tutti evidente che né Aristotele, né Tolomeo, né la Bibbia hanno affermato verità assolute e si comprende che le verità devono essere perfezionate e validate dallo studio e dall’osservazione metodica.
L’uomo si accorge allora della sua ignoranza. William Harvey (1578-1657) comprende bene la dinamica della circolazione e la funzione delle valvole venose, ma gli rimane ancora oscuro come faccia il sangue a passare dal sistema arterioso a quello venoso. Poco ancora si conosce sulla riproduzione e sull’embriologia: al riguardo, la teoria di maggior successo è quella sostenuta da Gassendi (1592-1655), il quale crede che il seme maschile e femminile contengano già, in piccolo, gli organi e la struttura del futuro organismo, il cosiddetto preformismo. Si scoprono sempre nuovi campi di ricerca.

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