Con la scoperta dell’America (1492), l’uomo allarga il proprio orizzonte e comincia a vedere le cose secondo una prospettiva che abbraccia l’intero globo terrestre, proprio mentre in Europa si realizzano condizioni sociali in grado di mettere in atto politiche di potenza. Il periodo che va dal XVI al XVIII sec. è dominato in Europa da due differenti forme di monarchie: “le monarchie «assolute», tra le quali quelle di Francia, Prussia, Austria, Spagna e Russia, le «monarchie costituzionali» o repubbliche di Inghilterra e Olanda” (HELD 1997: 103). Saranno queste monarchie nazionali i principali protagonisti dello scenario politico internazionale, mentre i tradizionali poteri universali dell’impero e del papato sono fase discendente.
I nuovi protagonisti appaiono assetati di ricchezze e di potere, ma si rendono conto che senza un forte esercito non è possibile perseguire una politica di grandezza. Così, se fino al XVI secolo esistono piccoli eserciti privati, a partire dal XVI secolo solo gli Stati sono in grado di disporre di eserciti, e si tratta di grandi eserciti. Ciò porta ad un aumento delle guerre. Nel XVII secolo l’Europa conosce solo quattro anni di pace, nel XVIII secolo sedici (SCHULZE 1995: 83).
Non c’è guerra che non sia considerata giusta, anche quella preventiva e di attacco: i disegni dello Stato sono supremi e dominano su tutto e su tutti. Gli eserciti in transito non perdono occasione di requisire beni e fare bottino a spese delle campagne e delle città che toccano. A guerra finita, poi, interi territori, con le rispettive popolazioni, passano da un signore all’altro, da un padrone all’altro. “La forza è la legge suprema” (MOUSNIER, LABROUSSE 1955: 189).
In realtà, l’aumento degli scontri armati non è tanto una diretta conseguenza della disponibilità di eserciti, quanto piuttosto della disponibilità di denaro. Attraverso politiche di tipo mercantilistico, le nazioni più popolose d’Europa (Germania, Francia, Spagna, Inghilterra, Portogallo, Paesi Bassi) attuano disegni imperialistici, che non vanno a buon fine solo perché le altre nazioni si uniscono in difesa, così che alla fine si giunge ad una condizione di equilibrio armato, in cui non è lecito a nessuno di abbassare la guardia. Ciò non impedisce a queste stesse nazioni di dominare il mondo.
Secondo Mousnier, a far grande l’Europa è la liberazione dell’individuo dalle pastoie di “gruppi, famiglia, comunità di villaggi e di città, corporazioni, università, ecc.” (1953: 504). L’individuo europeo è più libero da condizionamenti rispetto allo stesso individuo negli altri Continenti. “La coscienza del valore e dei diritti della persona, lo sforzo sostenuto per sviluppare e affermare l’autonomia del soggetto pensante, la fede nel giudizio personale. la volontà di potenza, l’insofferenza dei limiti e l’aspirazione verso l’infinito, sono maggiori che in ogni altro popolo” (MOUSNIER 1953: 504).
13. Presente e Futuro
15 anni fa
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