sabato 12 settembre 2009

02.5. Avventurieri in cerca di fortuna

Dall’individualismo umanistico e dalla voglia imperiosa di affermazione personale prendono origine i grandi viaggi alla scoperta di nuove rotte commerciali e nuove terre e si costituiscono i primi imperi coloniali. È come se si fosse aperta una corsa per la conquista del mondo, alla quale partecipano personaggi intraprendenti e talentuosi in cerca gloria e ricchezza personali. Uno di questi è il navigatore genovese Cristoforo Colombo (1451-1506. I sovrani di Spagna lo appoggiano più per vanità e desiderio di prestigio che per una reale fede nel suo progetto, e si ritireranno alle prime difficoltà. Inizialmente sono piacevolmente smentiti dai fatti e consentono al navigatore di ritornare altre tre volte nel Continente appena scoperto, ma, dopo l’esito negativo dell’ultimo viaggio, che si chiude con un catastrofico naufragio, i sovrani ritirano il proprio appoggio e Colombo chiude i suoi giorni povero e dimenticato.
Il campo delle esplorazioni geografiche è lasciato alla libera iniziativa di singoli avventurieri, che tentano la fortuna, talvolta con successo. È il caso di Hernán Cortés che, approdato sulle coste del Messico con un esercito di 600 uomini e pochi cannoni, entra in contatto con gli Aztechi (1519) e riesce a sottomettere il loro impero, che è popolato da trenta milioni di abitanti (1521). Lo stesso avviene nell’America meridionale per l’impero degli Incas, che viene conquistato in poco tempo (1529-33) da due avventurieri, Diego de Almagro e Francisco Pizarro, che sono sbarcati sul continente con duecento uomini e 27 cavalli. Più lenta (1527-46), ma non meno irresistibile, è la conquista delle città-stato dei Maya ad opera dei conquistadores, i quali intendono tenere per sé il frutto della loro iniziativa e del loro ardimento, ma devono fare i conti con il governo di Madrid, anch’esso intenzionato ad annettere quei territori. Alla fine, si giunge al compromesso dell’encomienda, un’istituzione che lascia ai conquistadores la signoria sui loro territori, ma attribuisce alla corona spagnola il monopolio dei commerci e la sovrintendenza di tutte le colonie.
Gli uomini del nuovo mondo non vengono accreditati di dignità umana e sono sottoposti ad ogni genere di sfruttamento, espoliazioni e violenze, come se fossero degli animali da lavoro. Il risultato è un vero e proprio genocidio dei nativi americani e la diffusione di una mentalità schiavistica, in virtù della quale a tutti i non-europei non vengono riconosciuti diritti, nemmeno quello della vita. Il nuovo spirito è tale da favorire la cosiddetta “tratta dei neri”, ossia il costume di catturare giovani uomini africani e trasportarli nelle colonie americane, dove vengono fatti lavorare come schiavi. La tratta dei neri inizia nel 1503 e prosegue a lungo, senza sollevare importanti obiezioni in Europa, nemmeno da parte della chiesa, che anzi trova il modo di giustificare i diritti acquisiti da Spagna e Portogallo, rispettivamente in America e in Africa. Essa verrà prima contestata dalla Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino (1789) e poi vietata in Inghilterra (1807) e in Francia (1815).
L’individualismo umanistico favorisce anche le imprese piratesche e corsare, che assumono nel Cinquecento particolare rilievo. La pirateria del mare costituisce il corrispettivo del brigantaggio sulla terraferma. Entrambi, pirati e briganti, assaltano le navi mercantili o le carovane dei mercanti a scopo di estorsione o rapina. Alcuni pirati accettano di combattere per il proprio paese, divenendo corsari, ossia pirati che sono riconosciuti e legittimati dallo Stato. Uno di questi è il navigatore inglese Francis Drake (1545-96), che, combattendo contro gli spagnoli, ottiene tali successi da indurre la regina d’Inghilterra a nominarlo viceammiraglio. Sarà il trattato di Utrecht (1713) ad infliggere un duro colpo alla guerra corsara decretandola fuori legge.
Animati dallo stesso spirito individualistico, alcuni mercanti-avventurieri inglesi, al servizio della corona, come Ralph Fitch, Richard Hawkins, Martin Frobisher e Walter Raleigh, intuiscono le enormi potenzialità di ordine economico racchiuse nelle lontane e semisconosciute terre del Golfo Persico, dell’India, di Ceylon, Giappone e Cina, e convincono imprenditori, mercanti, esponenti della nobiltà e facoltosi banchieri a unire le loro forze per fondare la Compagnia delle Indie Orientali (1600), la cui funzione è quella di favorire i commerci nelle terre d’oltremare e procurare lauti guadagni a tutti.

02.5.1. I pirati Barbarossa
Sono noti con questo nome due pirati, vissuti tra il XV e il XVI secolo. Il primo (1474-1518) si dà da giovane alla pirateria, poi è preso in servizio dall’Egitto, dalla Turchia e da Algeri, che si servono delle sue qualità di condottiero nella loro politica estera, facendo di lui un uomo di potere e un fine diplomatico. Terrorizza gli spagnoli nel Mediterraneo, finché rimane ucciso in un combattimento contro di loro. Il secondo (1476-1546) è preso in forza dal sultano di Costantinopoli, che lo nomina “signore dei signori, e lo usa nella guerra contro la Spagna. Anche la Francia si avvale della sua alleanza contro Carlo V. Sono due esempi di come si possa passare dal potere criminale al potere politico con tutti i crismi della legittimità.

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