Ancora nel Settecento la maggior parte delle persone è analfabeta. La tecnologia della stampa è disponibile, certo, ma non è ben accolta, specie da parte di coloro che temono di perdere il monopolio della conoscenza: intellettuali ed ecclesiastici. Secondo costoro la stampa meccanica, operando semplicemente a scopo di lucro, lavora di fretta e pubblica opere piene di errori, oltre a testi licenziosi, che vengono sottratti al controllo della chiesa, e svilisce il sapere nel momento in cui lo mette a disposizione di persone rozze e ignoranti (CHARTIER 1993: 88). La principale paura è quella di estendere il sapere alle masse incolte, che non sono in grado né di comprendere il significato di un testo, né di riconoscerne i refusi e nemmeno di difendersi dalla trivialità dei contenuti. La conoscenza deve appartenere ad un’élite e dev’essere trasmessa all’interno di scuole da maestri titolati ed espressa in modo forbito e tecnico.
Ma certe tendenze non si possono arrestare, e, così, la carta stampata si diffonde fra le masse, in prevalenza nell’area protestante, dove molte persone comuni cominciano ad accostarsi spontaneamente alla lettura di testi, assaporano il gusto della conoscenza e la piacevole sensazione di essere se stessi e di poter esprimere la propria individuale personalità, indipendentemente da qualsiasi indirizzo scolastico e da qualsiasi maestro. L’individualismo, che già traspare nel pensiero di Montaigne (XVI sec.), è già maturo in Rousseau, il quale inizia la stesura de Le confessioni con queste parole: “Mi accingo ad un’opera senza esempi e senza imitatori. Voglio mostrare ai miei simili un uomo in tutta la verità della natura, e quest’uomo sono io, io solo […]. Non sono come alcun altro da me conosciuto, e oso credere di non essere fatto come alcun altro che esista” (I,1). È la proclamazione dell’unicità e dell’irripetibilità dell’essere umano, ossia dell’individuo che vuole sapere e che prova il piacere di esprimersi a titolo personale.
13. Presente e Futuro
15 anni fa
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