domenica 13 settembre 2009

05. Gli inglesi

La corona inglese non è mai riuscita a superare l’opposizione, che veniva dalla borghesia, e non ha mai potuto esercitare un potere assoluto. Alla fine della guerra dei Cento anni, l’Inghilterra non ha ancora sviluppato alcuna propensione marinara e non possiede una flotta, né militare né mercantile. È una monarchia “debole”. Ebbene, nel corso del XVI secolo, i sovrani inglesi cambiano politica e si rivolgono al mare, dove però spagnoli e portoghesi la fanno da padroni: per il momento, i navigatori inglesi non possono far altro che ricorrere massicciamente alla pirateria e alla guerra corsara. Ciò consente loro di acquisire una straordinaria maestria nell’arte marinara, ma non di attuare una politica di potenza, anche perché manca una grande flotta. Non solo: i sovrani inglesi vogliono anche impegnarsi nella politica internazionale, dove si inseriscono nel confronto tra Spagna e Francia. La lievitazione delle spese, rese necessarie dalla nuova politica, induce Giacomo I prima e suo figlio Carlo I poi a ricorrere al Parlamento, cui chiedono l’appoggio ai fini di un aumento delle imposte. Il Parlamento però non accetta di collaborare e anzi approfitta dell’occasione per perseguire una politica anti-monarchica. Ne nasce uno scontro sempre più duro, che finisce per trasformarsi in guerra civile. Ancora una volta l’arbitrato viene affidato alle armi: il più forte avrebbe avuto ragione. Le truppe del re sono comandate dal principe olandese Rupert, quelle parlamentari dal generale inglese Oliver Cromwell. Nel 1647, Carlo I, sconfitto, si trova nelle mani del Parlamento, che vorrebbe eliminarlo ma, dal momento che l’opinione comune ritiene necessaria la monarchia, si accontenta di trasformarlo in un fantoccio. Carlo I però non accetta questa condizione e continua a tramare contro il Parlamento, fino a scatenare una nuova guerra civile. Questa volta il Parlamento non esita a farlo giustiziare (1649) e si pone ad unica guida del paese.
Il Presidente dell’Alta Corte di giustizia che condanna a morte il re si esprime così: “Signore, questa Corte è convinta che la legge sia superiore a voi, e che avreste dovuto regnare secondo i suoi precetti […]. Come la legge è superiore a voi, così esiste qualcosa di superiore alla legge, l’autore, il creatore della legge, cioè il popolo inglese”. Queste parole sanciscono di fatto il principio della sovranità popolare e il superamento dell’istituto monarchico per diritto divino, anche se bisogna aspettare i tempi della Gloriosa Rivoluzione perché tale principio trovi piena applicazione.

05.1. I livellatori
Nei fatti che, dal 1647 al 1649, portano all’esecuzione capitale di Carlo I, un ruolo decisivo è svolto da alcuni gruppi estremisti che, per il tipo di idee che li anima, vengono chiamati “livellatori”. Oltre a sostenere che il potere politico deriva dal popolo, essi vogliono anche l’uguaglianza di tutti gli uomini e di tutte le donne e predicano la tolleranza religiosa. Una minoranza al loro interno, i cosiddetti “zappatori”, giunge ad invocare l’abolizione della proprietà privata (BRAILSFORD 1962). Queste idee non sono condivise dalla maggioranza degli inglesi e i livellatori spariscono rapidamente dalla scena.

Il nuovo governo appare debole e inadeguato a fronteggiare i problemi sociali e il popolo è scontento. Della situazione approfitta Cromwell il quale, appoggiato dall’esercito, scioglie il Parlamento e assume la dittatura (1653), mentre rifiuta il titolo di re. Anche se, di fatto, c’è poca differenza tra la vecchia monarchia e la nuova dittatura, tuttavia, nel loro complesso, gli eventi degli ultimi decenni hanno finito per indebolire il modello monarchico e quando, qualche anno dopo (1660), sempre con la forza delle armi, la monarchia verrà restaurata, il potere del re non è più quello di un tempo, essendo stato superato dal potere del Parlamento. Da quel momento nessun monarca inglese potrà più pretendere il potere assoluto.
Si definisce Gloriosa Rivoluzione quell’insieme di eventi che hanno luogo tra il 1688 e il 1689 in Inghilterra, quando il legittimo re Giacomo II Stuart, cattolico, viene deposto da Gugliemo III d’Orange, che gli succede al trono con il beneplacito del Parlamento e i favori della pubblica opinione, instaurando una monarchia parlamentare. Nel 1689 Guglielmo III promulga una Dichiarazione dei diritti, una legge simile alle moderne Costituzioni, la quale stabilisce che nessuna legge potrà entrare in vigore senza l’approvazione del Parlamento. Anche se il governo inglese rimane di tipo aristocratico e il popolo continua ad essere escluso dalla pienezza dei diritti politici, siamo di fronte al primo esempio di Stato liberale della storia. La Gloriosa Rivoluzione “rappresenta il trionfo della borghesia capitalista” (MOUSNIER 1953: 263). “Politicamente l’Inghilterra è una monarchia costituzionale con un re e due camere. Ma queste due camere rappresentano soltanto i ricchi. La Camera dei lords si compone di grandi signori, lords per eredità, vescovi e arcivescovi quasi sempre usciti dall’aristocrazia, e di lords che il re può nominare a suo piacimento fra i cittadini che hanno reso grandi servigi al paese, e che il re sceglie fra i ricchi. La Camera dei Comuni è costituita di deputati eletti da città e borghi e dalle campagne o contee, ma sempre su base censitaria: bisogna essere benestante per votare. Praticamente soltanto i ricchi possono essere eletti […]. L’Inghilterra è una plutocrazia” (MOUSNIER, LABROUSSE 1955: 162).
Le particolari condizioni politiche, che sono favorevoli all’iniziativa privata, l’espansione coloniale, che rende disponibile una grande quantità di materie prime e amplia considerevolmente il mercato, e l’invenzione della macchina a vapore (1764), che è in grado di svolgere il lavoro di diversi uomini, tutto ciò può spiegare quel fenomeno, esclusivamente inglese, che va sotto il nome di Prima rivoluzione industriale (1760-1840) e che rappresenta l’ingresso nel mondo del capitalismo moderno. A causa delle recinzioni delle terre e dell’impiego delle macchine molti contadini si vedono costretti ad abbandonare la campagna e vengono assunti come operai salariati nelle fabbriche, dove svolgono attività ripetitive. Per il momento essi sono quasi del tutto privi di diritti e il loro lavoro è da macchina, ma quanto meno hanno trovato un modo per sostentare se stessi e le proprie famiglie. Con la promulgazione delle prime leggi atte a regolamentare il lavoro (1802) inizia per l’Inghilterra una nuova fase economico-politica caratterizzata dall’intervento dello Stato nei rapporti fra imprenditori e operai, che viene a modificare i principî del laissez-faire.

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